giovedì, marzo 22, 2007

Callum Innes



Ci sono tante opere di altri artisti che avrei voluto fare io. Ad esempio invidio a morte il talento di Callum Innes. Confesso che praticamente amo tutti i suoi quadri. Se fossi ricco ne avrei già comprati sei o sette. Secondo me è un grande pittore. Fuori dalle mode, si è inventato un processo esecutivo originale, dal quale ottiene visioni modernissime, super eleganti, adeguate alla coscienza del nostro tempo. La sua costruzione minimalistica dello spazio mi affascina totalmente. I suoi colori poi sono strepitosi: sono pensiero puro tuffato nella luce e disperso su tela.

venerdì, marzo 16, 2007

Una camera tranquilla



Originally uploaded by sinsong.
Una stanza tutta per me. Una camera tranquilla in cui posso stare lontano dal mondo, concentrato su un disegno da sviluppare. Mi piace attraversare differenti paesaggi mentali. Me ne sto accomodato nella sontuosa poltrona. Calmo, protetto dal cerchio di luce morbida gettato dalla lampada sopra il mio taccuino. Il rumore del traffico mi arriva appena percettibile. Gli echi di guerra si sono trasformati in fioriture primaverili. Questa è la mia reggia.

lunedì, marzo 12, 2007

Peter Zumthor

Se voglio immaginare una architettura minimalista che conservi il calore di un abbraccio e il rigore di un percorso etico, penso alle opere di Peter Zumthor. La trasparenza dell'acqua, i gradini che scendono dentro il liquido, i tagli dello spazio, i colori e le materie, tutti gli elementi usati nelle terme di Vals contribuiscono a cerare una intesità percettiva ed emozionale straordinaria. Vivo meglio quando penso che esistono autori capaci di costruire questo tipo di ambiente.

mercoledì, marzo 07, 2007

Jannis Kounellis/2

Che ci faceva Jannis Kounellis ieri pomeriggio a Firenze ? Uno dei più grandi artisti viventi è stato ospite della galleria Il Ponte, per la presentazione di un libro-catalogo a lui dedicato. Protetto da un bellissimo cappotto scuro, corpulento, basso di statura, tranquillo e bonario come un oste che ti verserà un buon vino, appena comincia a parlare Kounellis si rivela per quello che è: un poeta geniale, capace di parlare una lingua che istante dopo istante – attraverso calma e riflessione - inventa concetti. Kounellis sa scolpire le idee attraverso il linguaggio volatile verbale proprio come fa con i pesanti materiali delle sue opere. Così mentre lo ascoltavo parlare sereno davanti al pubblico che affollava la galleria (posti in piedi, anche io me ne stavo appoggiato ad una parete) mi pareva di sognare. Non credevo che un genio come lui, una stella assoluta, amato dalla critica più intransigente ma anche un protagonista del mercato dell’arte, potesse essere così tranquillo, privo di qualsiasi superbia. Una presenza umana calda e affilatissima, arrivata a noi da un’altra dimensione in cui è la qualità del linguaggio a regnare e non la superficie luccicante pubblicitaria. E’ stata una esperienza incoraggiante.

giovedì, marzo 01, 2007

Toxic


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Originally uploaded by fatbombers.
Avrei voluto danzare davanti ai nuovi strepitosi graffiti su tela di Toxic, uno dei protagonisti storici della rivoluzione graffitista esplosa a New York nei primi anni Ottanta. E’ buffo che proprio la pigra Firenze – pietrificata culla del Rinascimento, città ostile più di ogni altra verso le arti contemporanee (come ho innumerevoli volte detto, scritto e pensato, arrabbiandomi anche parecchio da solo e con altri fiorentini disperati) – abbia ospitato una mostra personale di recenti freschissimi lavori che distillano l’aria frizzante di una delle ultime avanguardie novecentesche sparate dalla Grande Mela su tutto il globo, stimolando così la nostra nostalgia per un’epoca scatenata che oggi ricordiamo come fantastica e miracolosa. Il coraggio e la sapienza di riproporre Toxic al pubblico italiano viene da Sergio Tossi, gallerista talvolta anche molto sorprendente (è anche il mio gallerista, ve lo dico subito, così mi sento corretto e gioco a carte scoperte). D’altra parte Tossi ha radici iniziali di esperienza artistica conficcate in quel periodo eccellente, ed è stato capace – forse proprio per questo motivo - di offrirci una esposizione al tempo stesso celebrativa di un passato glorioso ma anche rivolta ad un futuro in fibrillazione tutto ancora da tracciare. La classe di Toxic è fuori discussione. Non c’è bisogno di ricordare che Toxic è stato l’amico fraterno e il compagno di strada dell’immenso Jean Michel Basquiat: se guardate anche solo per un minuto le grandi tele che ha realizzato in questi ultimi anni capirete che la fragranza del gesto, la felicità degli incastri geometrici, l’esplosiva energia benefica della giovinezza abitano ancora nella sua mente. Mi sono rimesso di buon umore guardando queste opere. Mi è sembrato – logico effetto – di essere ringiovanito di almeno venti anni. E inoltre mi sono sentito in ottima sintonia con il passato recente della storia dell’arte. Mi spiego. Ho amato molto la scena dei graffitisti americani. Quando le loro prime immagini arrivarono in Italia, le lessi come una sana pratica di liberazione sbocciata nelle mitiche periferie newyorchesi. Mi sembravano artisti sensazionali per la capacità di esprimere una forza vitale irresistibile, calata dentro una lingua molto raffinata e del tutto genuina. Guardando le creazioni ultime di Toxic – autore oggi più che quarantenne – mi dico che facevo bene ad amare i graffiti. Non erano un fenomeno vuoto, una moda come tante. Lì dentro c’era qualcosa che bruciava davvero. E continua a bruciare anche adesso, mentre stai leggendo queste piccole righe.