Mi piace raccogliere per lunghi periodi i materiali che potrebbero rivelarsi utili in seguito.
Dentro una grande stanza inizio a disporre sul pavimento fotografie, articoli di giornale, copertine di vecchi dischi di vinile, romanzi e saggi, riviste, oggettini comprati in fiere di paese. Elementi che mi sembrano emanare una speciale forza di ispirazione ed assecondano il mio disegno mentale ancora approssimativo.
Non mi avvicino a questi talismani con freddezza. Al contrario, mi lascio guidare dal variare delle emozioni istantanee, dai sussulti del vissuto fratturato e ricomposto, dal risorgere di aspirazioni sepolte nelle pieghe dei comportamenti quotidiani ripetitivi anestetizzanti.
Anche le immagini di lavori prodotti da altri autori mi aiutano spesso a dare corpo ad idee inseguite, ossessioni irrinunciabili.
Un flusso che preme per trasformarsi: dal piano virtuale alla realizzazione compiuta. Quando inizio a lavorare ad una nuova opera è come se avessi cambiato città, nazione, pelle.
Mi trasferisco ad abitare all’interno di una vasta rete di relazioni fitta di presenze affettive, culturali, simboliche.
Le mie felici costellazioni.
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