venerdì, ottobre 27, 2006

Modernità in rovina


L’immagine più straordinaria che ho saputo scovare fino ad oggi nel labirinto smisurato della Rete è una fotografia di architettura. In questa foto si vede una delle Houses di Peter Eisenman – le leggendarie abitazioni private progettate dal geniale architetto americano durante gli anni Settanta – in completo abbandono, con le mura scorticate dalle intemperie e dall’incuria. Mi pare che dentro questa immagine agisca un potentissimo cortocircuito. La costruzione di Eisenman – esempio altissimo di ricerca postmoderna, al tempo stesso denso nodo teorico e miracolo visivo – caduta in rovina come se fosse una qualunque catapecchia ottocentesca. Mi ha stupito moltissimo vedere una struttura del genere – sempre ritratta sopra le pagine delle riviste alla moda nello splendore di una forma perfetta, con la riverenza che compete ad una vera e propria icona del nostro tempo – precipitata nella trascuratezza più assoluta. Mi ha fatto pensare all’impossibilità di sfuggire al lato debole del mondo, quando la caduta si verifica a dispetto di tutte le tue fatiche, come un insulto finale al vigore che aveva animato la tua opera. Rischio. Inutilità. Fallimento. Le strutture decadono, si sgretolano, perdono coerenza e significato. A questo ho pensato per due notti di seguito, scavando varchi dentro il sonno, con il desiderio di svegliarmi in un luogo differente da quello in cui mi ero addormentato.

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