domenica, gennaio 28, 2007

Jannis Kounellis

La sensazione di pericolo è sospesa proprio dentro l'area della nostra minima sopravvivenza. Qui la lama funziona come un ponte verso l'esterno ma anche come una chiusura mortifera, un rischio potenziale, una promessa di distruzione. L'immobilità dei materiali e la guizzante vitalità del pesciolino. Un' opera inquietante di Kounellis nella quale oggi posso perfettamente immedesimarmi.

mercoledì, gennaio 17, 2007

La quieta stanza


place for julia
Originally uploaded by mika-rin.
Entrare in quella stanza calma mi aveva reso in qualche modo migliore. Ero entrato nervoso, preoccupato per i problemi che avrei dovuto sciogliere nei giorni successivi. Ascoltavo il silenzio, guardavo la parete gialla su cui si riverberava l'ombra della sedia appoggiata come una scultura molto espressiva. Ma soprattutto ero attratto dalla luminosità che penetrava attraverso la finestra. Era un tipo di luce tenera che sembrava capace di nutrire la carenza di memoria che mi tormentava...

lunedì, gennaio 15, 2007

under the tokyo tower



Che posso dirvi... è un po' come stare sospeso in spirito fuori del mio corpo, svolazzando qua e là, in preda al desiderio di curiosare senza freni, trasportato dal vento, dal caso, dal capriccio di un momento di ebbrezza. Oppure è un'onda che ritorna e mi colma di rimpianto per quella sera invernale in cui il freddo trasformava ogni materia in porcellana lucida e luminosa...

domenica, gennaio 14, 2007

Ancora sul minimalismo



Un nutrimento misurato ma tendente all'infinito, una potenzialità aperta, un regno in cui la curiosità si mantiene attiva. L'energia non ristagna ma si alza in volo e si diffonde su ogni singolo elemento della scena. Maggiore riduzione qui corrisponde a maggiore profondità. E può essere una splendente risposta al rumore di fondo di sangue e distruzioni e incendi che percorrono il mondo da sempre...

mercoledì, gennaio 10, 2007

Tremlett al museo Pecci


Visitare la mostra retrospettiva (opere dal 1969 al 2006) dell’inglese David Tremlett è stata una esperienza vivificante. Ha funzionato come una specie di terapia contro la depressione. In compagnia di un paio di amici artisti ho attraversato con grande soddisfazione le sale (semideserte) del museo Pecci di Prato. Conosco il lavoro di Tremlett da molti anni, ma non avevo mai visto tante sue opere tutte insieme. Il suo è un linguaggio molto orientato verso il minimalismo, ma attenzione : si tratta di un minimalismo caldo che non rinuncia alla vibrazione del colore, all’intreccio suggestivo delle linee, alla potenza emotiva dell’architettura complessiva. Mi sono sembrate bellissime le grandi opere su carta, i monocromi profondi tagliati da linee di frattura. Più di tutto mi hanno emozionato i grandi wall drawings, quelle opere su parete semplici ma indimenticabili, capaci di mantenere sempre una misura intima di autenticità, che lo hanno reso famoso. Una mostra coraggiosa. Un antidoto contro tanti fragorosi (e vuoti) spettacoli ai quali troppo spesso veniamo condannati.

sabato, gennaio 06, 2007

Barnett Newman



Quando penso alla purezza del desiderio, se voglio spingermi oltre l’oggetto immediato della mia immaginazione, per comprendere il fondamento della mia intensità posso tentare di materializzare dentro la mente il rosso di un grande quadro di Barnett Newman. Quando appare funziona come un campo magnetico che risucchia ogni ambizione, cancella le tensioni, porta pace dentro tutti i conflitti. Qui trovo la quiete e il compimento della ricerca. L’inquietudine quotidiana si scioglie dentro una costruzione dello spazio tanto perfetta da apparire assolutamente naturale.

Paradiso perduto



Sai credo di poterti spiegare tutto meglio in un altro momento quando le azioni compiute si staglieranno nella luce netta fedeli all’idea iniziale che mi ha ossessionato e direi scavato in quelle zone dell’esperienza più intime e protette come quando ascoltavo seduto nel buio della sala piena di gente sprofondato nella poltrona in una posizione non troppo comoda con le gambe ripiegate osservavo i musicisti ammirando le figure magre stringere gli strumenti sopra il palcoscenico quadrato e mentre si sprigionava un magma sonoro potente e l’energia arrivava a toccare la mia poltrona diventata a sorpresa il luogo più accogliente della terra ho cercato di definire l’effetto che i miei quadri dovrebbero fare ad uno spettatore curioso mi auguro che accendano la nostalgia per una pienezza di esperimento dovrebbero esprimere la soddisfazione di essere un sognatore ho immaginato di rendere concreta una lingua capace di comunicare attraverso simboli personali vorrei costruire un paesaggio interiore al tempo stesso ribaltato sull’esterno un ponte verso le persone che amo per confessare le sconfitte e il desiderio di riscatto e il dolore di essere invecchiato a dismisura fino a sentirmi uno sciocco capace solo di edificare un piccolo nulla poi mentre pensavo queste cose sai mi sono anche sentito ridicolo per l’ossessione dell’identità scintillante che in modo ingenuo mi ostino ad inseguire senza comprendere che si tratta di una illusione romantica fuori dal tempo infatti tutti i pensatori che ammiro hanno decretato che la tecnica in questa epoca trionfa e le nostre emozioni saranno costrette a rinnovarsi dentro questo orizzonte lo so bene ho una collezione di libri molto preoccupanti e mi sono spesso scoraggiato ma sai è sempre arrivato un fenomeno imprevisto una scena un suono una persona a salvarmi come quando ho letto nel diario dell’architetto Aldo Rossi che il progetto del cimitero di Modena gli era da subito apparso come un modo per prendere congedo dalla propria giovinezza e per allontanarsi dal passato ricomponendo una frattura allora questa riflessione mi ha colpito con una enorme forza perché riconduce l’opera alle aspirazioni alle debolezze alle necessità di chi l’ ha immaginata e questo mi sembra il modo migliore per stare almeno un attimo davvero vicini ad un gesto che abbiamo fatto prima che svanisca per sempre.

venerdì, gennaio 05, 2007

Cieli, piscine, pericoli


Franz Kline • Monitor 1967
Originally uploaded by nienien.
Unico e sempre cangiante. Invocato per ottenere protezione dalle sventure che ci minacciano, altre volte maledetto per quelle che ci hanno già colpito. Lo immaginiamo popolato da schiere di angeli che spiano con benevolenza le nostre modeste attività, ma quando le cose girano al peggio e la delusione ci travolge, siamo rapidi nel giudicarlo come uno spazio del tutto vuoto: un palcoscenico abbandonato dalle divinità che ci offre lo spettacolo della desolazione celeste.
Il cielo è sempre uguale a se stesso ma anche eternamente sottoposto ai cambiamenti di capricciose correnti, trasformato dal continuo mutare dei colori, attraversato dalle proiezioni intime di chi lo osserva.
Dal mio punto di vista la sostanza di cui è fatto il cielo assomiglia più di tutto all’acqua. Una delle mie opere d’arte preferite è un famoso quadro di David Hockey in cui un giovane uomo – pantaloni bianchi e giacca rossa, capelli lunghi biondi - è in piedi davanti al bordo di una piscina e guarda dritto davanti a sé per studiare la figura di un altro uomo che sta nuotando immerso a pelo d’acqua. La scena è collocata in una ridente vallata, con colline rigogliose di verde natura, nella piena luce di una splendida giornata estiva. La concentrazione rivolta dal giovane alla profondità di quella piscina mi ha sempre fatto pensare – fin dalla prima volta che vidi il quadro – all’immensità del cielo. Nella mia percezione, lo spazio liquido di Hockey rimanda sempre alla speranzosa contemplazione del cielo, quando siamo in attesa di un miracolo che possa arrivare da quella instabile materia.
Vere e proprie rappresentazioni del cielo mi sono sempre sembrate anche le opere di Mark Rothko e Franz Kline. Ma si tratta di orizzonti molto differenti.
Nel primo caso – penso soprattutto nelle tele basate sui colori di terra, con quelle tonalità marroni che sprofondano nel viola – vedo cieli di pura meditazione. Rothko aveva questa capacità straordinaria di creare luoghi di infinita quiete. Sono immagini di un paradiso immobile, un posto situato al di là delle nostre più lontane speranze, una porzione di colore assoluto in cui regna una compostezza senza tempo. Qui non c’è bisogno di desiderare più nulla perché ogni aspirazione è già realizzata.
Al contrario i cieli di Kline sono campi di battaglia in bianco e nero. Luoghi pesanti che assomigliano molto a quelli in cui viviamo nella realtà. Spazi pieni di vento nei quali si scontrano forze imponenti. Quando osservo le dinamiche in atto dentro questi cieli tempestosi non sono più un semplice spettatore protetto dalla tradizionale distanza fra opera e pubblico. Capisco di essere in pericolo. Mi sento incalzato dallo scorrere del tempo. Le ferite del passato ricominciano a sanguinare. La furia di questa pittura mi conferma che nessuna redenzione sarà possibile.

giovedì, gennaio 04, 2007

Waterlilies


Waterlilies
Originally uploaded by swingfeline.
Contemplare Monet al Moma potrebbe essere un ottimo inizio per il 2007...

mercoledì, gennaio 03, 2007

TRENTANOVE


La scelta minimalista, la riduzione stilistica, mi appare oggi come una strada etica percorribile nel mondo sovraffollato di merci molto spesso inutili. Avverto il bisogno di eliminare la zavorra per tentare di recuperare uno sguardo purificato che possa viaggiare veloce e penetrante dentro la realtà e dentro i sogni di modificarla. Cerco una cifra essenziale anche nei sogni. Se l’utopia è formata da pochi tratti combinati in modo differente su vari livelli, sarà forse più facile realizzarne almeno una parte, fosse anche una frazione minima. Less is more. Un motto che attraverso gli anni mi sembra splendere sempre di più. Voglio adottarlo come una specie di talismano augurale per il nuovo anno appena iniziato.