venerdì, febbraio 23, 2007

Vasco Bendini

Ho visitato la mostra antologica (opere dal 1950 al 2006) dedicata a Vasco Bendini dalla galleria d’arte fiorentina Frittelli Arte Contemporanea. Tardo pomeriggio. L’inaugurazione è vivacissima, c’è un pubblico molto grande e variegato: giovani studenti con l’aria incuriosita, artisti che spiano curiosi le opere, signori attempati con l’aspetto di agiati collezionisti. C’è folla comunque, a negare il fatto che Firenze non amerebbe l’arte contemporanea (questo è vero e falso al tempo stesso, è una storia complicata, non starò a dilungarmi in questa sede). Lo spazio sotterraneo accoglie i visitatori come un grande garage-museo tutto bianco. E’ una caverna moderna, elegante, una sorta di non-spazio trasformato a sorpresa in contenitore perfettamente funzionale alle opere esposte. Ho scarsa conoscenza delle opere di Bendini. Ripesco qualche foto affogata nella memoria. So che è un autore significativo - ormai entrato nella storia dell’arte - ma per qualche motivo (che ignoro) non ha la fama che si meriterebbe. Queste cose penso scendendo nel garage-museo. Entro nella prima sala e vedo una prima sfilata di grandi tele astratte. Subito sono colto da un impeto di allegria. I grandi quadri sono splendidi. Emanano un’energia pulita e gratificante, irradiano un calore amico dell’occhio che le guarda. Sono paesaggi evocati da una dimensione parallela alla nostra quotidiana impoverita, più felice e profonda. Abissi marini oppure panorami che si aprono dalla sommità di altissime catene montuose. Tutti questi miracoli visivi sono creati attraverso la misura e l’equilibrio di un vero maestro. Nessun compiacimento eccessivo. Nessuno sfoggio superfluo di tecnica esecutiva. Nuvole gialle sembrano uscire dalla tela e profumare l’aria. Altre volte sono piccole schegge geometriche di colore brunito - incastonate come gemme dentro lo spazio - a commuovermi. Leggo i cartellini con le didascalie e trasecolo. Imparo che queste sono le opere più recenti di Bendini (anno di nascita 1922). E’ fantastico. Sembrano quadri dipinti da un ventenne selvaggio e sublime. Non vi racconto le altre opere che ho visto. Non vi dico delle prime dense esperienze informali degli anni Cinquanta, vi lascio la curiosità per alcuni semplici e meravigliosi lavori degli anni Sessanta, non svelo le intense sperimentazioni concettuali del decennio Settanta, ecc. ecc. Devono bastarvi la meraviglia per le opere che questo artista sta facendo oggi. A dimostrazione che l’età anagrafica, quella scritta sui documenti di identità, in arte davvero non conta nulla, non esiste. Pesano il talento, la cura del linguaggio, la felicità dell’ispirazione. In Vasco Bendini questi elementi brillano con prepotenza.

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