sabato, luglio 22, 2006

DICIOTTO

Tagliato fuori dalla bellezza. Strappato al regno delle esperienze di altitudine, quando potevo sorvolare da una grande quota - e abbracciare con lo sguardo riconoscente - le distese del territorio che avrei poi percorso a piedi per verificarne i dettagli. Isolato dal fluire dei progressi impercettibili, dal movimento vitale delle interferenze, delle sovrapposizioni che si sommano attimo dopo attimo a costruire un mosaico gigantesco, escluso dalla gioia delle improvvise virate, quando la rinfrescante rivoluzione giunge a sorpresa a scombinare le carte dei grandi conservatori e delle vecchie generazioni ammuffite. Ma oggi anch’io sono pietrificato. Il vento è calato e adesso nella baia abita una calma sovrannaturale. Il buio si avvicina. La memoria è esplosa in tante schegge ormai prive di significato. Mi sento il reperto fossile di un’età scomparsa. Il residuo bizzarro di un’epoca tramontata che nessuno in futuro vorrà studiare. Ma se chiudo gli occhi e allungo il braccio fuori dalla barca, lasciando scivolare la mano nell’acqua, mi sento subito molto meglio: mi pare che dal mare salga un’ allegria frizzante che mi salva ancora una volta dai soliti abissi in agguato.

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