sabato, settembre 16, 2006

VENTINOVE

Fantasmi della carne. Continuano a trionfare in alta definizione dentro il mio teatro personale. Sono fantasmi del desiderio biologico, specchi del fallimento di Casanova, conferme che il tempo rimasto non è mai molto: c’è sempre un fuggire delle occasioni, una deserta zona che mi aspetta. Fantasmi dell’accoppiamento, purtroppo si risolvono sempre in un semplice sovrapporsi dei corpi, nell’attrito delle epidermidi che da sole non garantiscono nessuna profondità, nessuna durata dentro la fuga delle correnti, nessuna vittoria che potrei chiamare definitiva. Anzi, sale il dubbio della perdita radicale, anche nello splendore dei colori, nella tessitura dei paesaggi, nella fresca ventata che entra a scompigliare le carte sopra il mio tavolo. Per poi scoprirmi invecchiato, indebolito, in preda a vuoti di memoria riempiti dalla spazzatura televisiva di cui troppo spesso mi nutro. Dovrei dormire e tentare in sogno di catturare quello che in veglia non riesco a trattenere. Dovrei smettere di sentirmi al centro del mondo, aggrappato ad una zattera di legni inceneriti, scampato alla strage solo per precipitare ancora più in basso. Di tutti gli accoppiamenti solo il ritmo dovrei salvare. La scansione dei respiri e il battere delle ossa.

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