mercoledì, giugno 20, 2007

Sotto il dominio degli oggetti



Ne abbiamo parlato durante un pomeriggio di metodico lavoro domestico, mentre mettevamo in ordine lunghe file di libri nel salotto centrale dell’appartamento. Ariel stava posizionando in una nuova collocazione alcuni testi di filosofia sopra uno scaffale. Era in piedi sullo scaleo e si è girata a fissarmi.
Secondo una teoria cosmologica recente l’universo potrebbe esistere da sempre e durare all’infinito, e questo significherebbe che non è mai stato creato. Secondo questa idea non esiste un creatore. Non è più necessario immaginarne l’esistenza. Esistiamo nell’universo privi di compagnia.
Di questo sono assolutamente sicuro, dissi.
Siamo sempre soli ma tentiamo di dimenticarcene in ogni maniera possibile.
Sì. Con ogni tipo di distrazioni. Accumuliamo oggetti di cui non abbiamo bisogno. Proiettiamo sulle cose le ombre delle nostre inquietudini, perché in realtà siamo ben consapevoli della nostra solitudine dentro il tempo.
Non ci rivolgiamo solo agli oggetti. Proviamo ogni giorno ad incatenare alle nostre voglie anche le prede vive che ci interessano. Sogniamo di sottomettere gli altri alle nostre voglie passeggere, ai nostri capricci che cambiano
Crediamo di salvarci in questa maniera elementare.
Siamo così ingenui.
E’ vero. Ma è anche la nostra grandezza, conclusi.
Ci pareva di trovare una consolazione. Ricercavamo una luce di scetticismo quieto e fascinoso che potesse allentare le paure che tornavano a visitarci.
In quel periodo abbiamo inaugurato un'altra avventura. Ariel guadagnava molto denaro – le campagne pubblicitarie che aveva ideato erano davvero ben retribuite – e comprava oggetti di lusso, orologi sontuosi luccicanti, occhiali da sole di marche rinomate, abiti disegnati da stilisti celebri.
Indossava per un breve periodo questi accessori di lusso che emanavano una aura di successo. In occasioni speciali - serate nelle quali ci pareva di avvicinarci a comprendere se non le segrete relazioni interne, almeno la pelle che avvolge questi oggetti – Ariel esercitando i suoi poteri mentali letteralmente liquefaceva i simboli del benessere, li riduceva a piccole pozze di metallo fuso e li rimodellava compattandoli in nuove forme.
Plasmava piccole sculture mutanti. Queste creazioni stravolte erano la risposta al dominio degli oggetti al quale tutti siamo sottoposti. E’ l’acquisto degli oggetti a determinare l’identità di milioni di esseri umani sul globo. L’essenza del vivente da moltitudini di consumatori è identificata con il possesso di attraenti feticci. Simulacri. Risplende nella notte del Mercato la comunità dei compratori.
Si scioglie il cinturino d’oro, si curvano le stanghette degli occhiali, brucia in fumo nerastro la stoffa dei pantaloni, si squaglia la suola delle scarpe sportive. Si mescolano gli ingredienti. Dalla grigia sfera gommosa emergono i dentini di metallo sfavillanti, le scaglie brunite dei tessuti vengono impastate con gli involucri plastici dei telefonini.
Per noi questi reperti – anche passati attraverso il fuoco, la dilatazione, l’incenerimento – mantenevano sempre qualcosa del primitivo splendore, una frazione di quel potere di fascinazione assoluta che possedevano quando erano prodotti nuovi appena sfornati dall’industria di massa, piazzati in vetrina per invadere le menti dei passanti.

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